Fabiola Günther Quezada – Figure nel vuoto

Fabiola Günther Quezada - Figure nel vuoto
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Fabiola Günther Quezada nasce nel 1968 a Temascalapa Messico. Fino al 1991 vive in Messico, dove ottiene la laurea in amministrazione industriale al politecnico di città del Messico e contemporaneamente studia pittura con l’artista messicano Sirahuen. Nel 1992 il lavoro e la vita familiare, la portano a stabilirsi in Europa. Dal 1999 studia all’accademia di Brera a Milano, con il maestro Saverio Terruso e nel 2003 sostiene l’esame di laurea ottenendo il massimo dei voti. Ha partecipato a diverse mostre in Città del Messico, Milano e Lugano. Vive e lavora tra Lugano, Zurigo, Siena e Città del Messico.

In pochi anni la sua pittura è esplosa, come un turbine di energia. Conosco il lavoro di Fabiola Gunther Quezada, dai primi anni dell’accademia di Brera, e rivedo questi ultimi suoi quadri con rinnovato stupore. Ritrovo un’artista matura, libera di agire indisturbata nel macroscopico mondo della pittura contemporanea.
Non è necessario trovare un riferimento alle origini della sua arte, la validità del suo lavoro, prevale su ogni giudizio storico. Se di origini vogliamo parlare, allora dobbiamo ricercarle nella sua memoria, nelle sue passioni sud americane, e vengono subito in mente le monumentali figure dei grandi muralisti messicani, Siqueiros fra tutti. Non a caso i suoi dipinti si estendono tutti su grandi formati, per garantire un maggior impatto visivo. Agli inizi la sua pittura era principalmente basata sulla ricerca cromatica, in cui vaste zone di colore, muovevano passaggi tonali di studiata sensibilità , e il soggetto del corpo era fortemente legato alle cromie del fondo.
Fabiola non ha mai lasciato da parte il tema della figura umana, il nudo che oggi vive nei suoi quadri come immerso nel dolore, emerso da un silenzioso buio. I suoi corpi, fermentano di drammatica tensione, in cui le pennellate di colore appaiono a tratti come delle sciabole latenti sui corpi che ingombrano lo spazio quasi a dilatarlo. Sebbene le immagini possono sembrare drammatiche, il suo intento non è affatto quello di esprimere il dolore, ma bensì l’energia che scaturisce in un’idea, nella libertà di dipingere con felicità innata, come lei stessa mi ha precisato. Decisamente, non esito a sostenere il suo lavoro con smisurata fiducia.
Carmelo Violi (settembre 2003).