Dei “Tagli” di Fontana ed altro di Guido Manetti

Spread the love
Fra tutti i pittori contemporanei uno che è stato particolarmente favorito dalla riproduzione fotografica è certamente Fontana coi suoi “tagli” (e i suoi “buchi”), due tipologie arcinote a chi si interessa d’arte contemporanea. L’idea, l’invenzione, fu certamente intelligente,
sensibile, brillante, spiritosa…ebbe successo e diventò una modalità che connotò l’ artista.
Ricordo una copertina (in bianco giallo e nero) della rivista Domus (negli anni intorno alla guerra) che era una foto di un’opera di Fontana molto ben fotografata e “tagliata”: una bella copertina: moderna, vivace, originale. In una grande Mostra un “taglio” era presentato illuminato sapientemente all’interno di un ambiente buio (una tecnica molto efficace, oggi molto utilizzata per mostre d’ogni genere) e l’effetto generale era effettivamente suggestivo. Se però si guardano quei quadri in una luce diffusa ( o non funzionale) la suggestione scompare. Secondo me l’artista avrebbe dovuto indicare la esatta illuminazione di progetto per ciascun quadro dato che sono infinite le direzioni e i tipi di illuminazione in grado di dare effetti interessanti e anche assai diversi con elementi in rilievo (e la trovata di Fontana è appunto il rilievo dovuto alla tensione della tela sui bordi del taglio o del foro). (in Fotografia si conoscono milioni di immagini “artistiche” frutto di riprese di “elementi (+luce)” raggruppati in composizioni astratte (“abstract”) più o meno straordinarie (inquadrature di texture di ogni tipo o di superfici con elementi a rilievo:.. dettagli di arenili coi rilievi provocati dal vento, di vecchi muri macchiati e sgretolati, di legni e metalli segnati dal tempo, di depositi di detriti, di scorze d’albero, di foglie.(quante interessanti immagini di foglie di cavolo illuminate a luce radente ho visto nel seguire la fotogrfia! Ce ne sono delle famose).
Chiunque abbia fatto un corso serio di fotografia sa quanto dell’effetto finale dipenda non solo dalla posizione e dal tipo delle sorgenti luminose, ma anche dal rapporto di illuminazione, cioè di quanto risulta scura la parte in ombra rispetto a quella in luce e sa anche come il materiale fotografico tenda a rendere sensibilmente più scuri, rispetto alla realtà ,
i toni delle zone in ombra, aumentando l’impressione di rilievo e di drammaticità del soggetto ).
Adesso molti anni sono passati dal momento di quella trovata e la situazione è che un quadro di “tagli” di Fontana ha un grande prezzo (in America
hanno anche superato i milioni di dollari) mentre un quadro di “tagli” fatto da una persona qualsiasi, e riconoscibile come “non Fontana autentico” solo
da una Commissione di esperti, non vale niente. Credo si possa dedurre che
l'”opera in sé” non ha un valore nemmeno artigianale e che il suo valore è contenuto nella firma e nella sua autenticità (cioè nella sua posizione di mercato): perché se qualcuno sapesse fare un quadro “da Raffaello”(con la sua qualità artistica, non una copia), che solo un gruppo di esperti potrebbe riconoscere non dell’Urbinate, quel quadro avrebbe sicuramente anche oggi un notevole valore (adesso costano milioni anche le copie, spesso solo verosimili, e vendute come copie, di quadri noti: gli autori più richiesti credo siano Van Gogh e Klimt ).
Oggi giorno esistono poi delle perfette riproduzioni di quadri bellissimi che mantengono la straordinaria qualità artistica creativa dell’originale a un prezzo modestissimo.
Ciascuno si faccia comunque le sue considerazioni (magari dopo essersi letto qualche libro sul mercato dell’arte oggi).
Per aggiungere un altro elemento che credo ci possa aiutare a ragionare su Fontana e a capire molte cose su come l’arte contemporanea è vista e sentita dai critici ecco a seguito un estratto preso da una pubblicazione della Galleria Tornabuoni (di Firenze) intitolata “Nel segno di Fontana” scritto dal critico Enrico Crispolti. “..La qualità istintivamente alta ed intensa, decantata concettualmente, ed essenzializzata manualmente, del suo operare, la straordinaria motilità euritmica del suo immaginare, pur senza aridezza sperimentale di sorta, e sempre invece nella spontaneità di un rinnovato, giovanile entusiasmo da neofita, elementare, essenziale appunto, a suo modo assoluto, pur in una sostanziale definizione iconica, quanto poi segnica, di precarietà : ciò sembra rendere riconoscibile nel nome di Fontana un messaggio, e forse meglio anzi una scommessa, di fiducia in un futuro di risarcita predominanza appunto di possibilità dell’immaginazione, liberamente incondizionabile e vitalmente risolutiva.
E tanto più se, come infatti nella specie fontaniana, si sia trattato di una immaginazione incontenibile entro formule e pratiche settoriali e riduttive, in quanto aperta ad una totalità effettiva del fare, e ad una idea di totalità dell’arte.”
E’ un modo del tutto legittimo (e molto abile: credo non si potesse dire di più) di commentare e illustrare le opere di cui stiamo parlando.
Personalmente appartengo a quella parte di umanità che non trova la magia della grande Arte nel “tagli” di Fontana. Direi che la mia sincera ammirazione per le alte quotazioni va ai mercanti e ai critici che animano il mercato.
Nella grande fiera dell’arte di Milano MIART 2001, sotto la sua illuminazione diffusa e uniforme, ho visto svariati Fontana presenti in diverse Gallerie: non erano di grande effetto (se non, forse, per coloro che li guardavano dal punto di vista del prezzo). Non era facile far colpo perché c’erano molti quadri selezionati di pittori ben noti e
riconoscibili: Utrillo, Braque, Savinio, De Chirico, Morandi, Campigli, Afro,..
Due pezzi che mi sarebbe piaciuto possedere: un ritratto di donna di Cassinari (veramente bello, tutto costruito sul cremisi e su piacevolissimi ritmi circolari) e un’incisione di Picasso
Ma attirare “seriamente” l’attenzione con opere non figurative era assai difficile perché in quel campo erano messe in mostra innumerevolissime opere basate su trovate esecutive di ogni tipo (spesso variazioni di trovate ormai devitalizzate). Un artista che si presenta al pubblico vorrebbe innanzitutto essere riconoscibile e con tutte le trovate che sono state escogitate è diventato piuttosto difficile. Coloro che sanno dipingere, che hanno una personalità e una preparazione culturale adeguata sono automaticamente riconoscibili e originali. Non lo sono invece, se non come curiosità provinciale, quelli che si appoggiano al filone di pensiero molto sostenuto oggi, secondo il quale “ogni cosa è arte” e che considera innovativa, trasgressiva, qualsiasi modalità creativa ed esecutiva che non faccia riferimento alla maestria accademica.Ne riparleremo.