Concetta Scaravaglione, dalla Calabria al MoMA.

Concetta Scaravaglione, dalla Calabria al MoMA.
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di Santa Spanò

Ed io salpai: l’anima raccolta fra le mani, ed un sacchetto di semi [da germogliare nella terra che amorevolmente avrei vangato al di là del nostro mare. (Mi dissero vai!) 

di Grazia Maria Pellecchia, dall’antologia “Sotto il cielo di Lampedusa”.

 

“Nemo propheta in patria”, la frase l’avrete sentita dire chissà quante volte,  “nessuno è profeta nella sua patria”.  Le parole latine sono un adattamento dei vangeli, di solito è usata per “significare che difficilmente si possono vedere riconosciuti i proprî meriti, o comunque i meriti di una persona, nel proprio paese”.

Credo che non ci sia espressione più azzeccata per presentare Concetta Scaravaglione, “metterei la mano sul fuoco” che pochi la conoscono, soprattutto in Calabria, la sua terra d’origine, anzi userei il versetto dei vangeli di Matteo e Marco per farvi meglio comprendere la dimenticanza, “non est propheta sine honore, nisi in patria sua”, ovvero “non c’è profeta che non sia onorato altrove fuorché nella sua patria”.

La famiglia Scaravaglione fu una delle tante sfortunate e povere famiglie che tra la fine dell’ ‘800 e gli inizi del ‘900 abbandonavano le loro terre per raggiungere l’America in cerca di pane. Invisibili in mezzo agli oltre 4 milioni di italiani che in quel periodo arrivarono negli Stati Uniti, loro si lasciavano alle spalle la miseria di un paesino dell’entroterra calabrese, molti gli altri partivano dal Veneto, dal Piemonte, dalla Lombardia, dal Friuli per sfuggire ad un destino di povertà.

Un’epoca in cui i neri eravamo noi, ed eravamo noi ad attraversare gli oceani stipati sulle navi in cerca di una sorte più generosa.

Migranti italiani, 1910 – Foto dal Web

Di sicuro questa sorte magnanima ha toccato una degli 8 figli della famiglia Scaravaglione, Concetta Maria, il cui destino nella provincia di Cosenza sarebbe stato molto diverso, non sappiamo quale, sappiamo però che vivere di stenti non allarga gli orizzonti, piuttosto si prova a sfuggirli, gli stenti intendo, a cercare disperatamente vie di uscita per concedersi una possibilità, almeno una, di migliorare e guardare avanti. Così è stato per la  famiglia Scaravaglione e per Concetta.

Concetta Scaravaglione è stata una donna di grande energia, ma soprattutto di grande talento artistico, che l’America ha saputo valorizzare. “Scultrice e docente statunitense, conosciuta soprattutto per la sua scultura architettonica così come per le opere prodotte per la Works Progress Administration (WPA)durante gli anni della Grande depressione.

“Nel 1935 ha vinto la George D. Widener Gold Medal in scultura mentre nel 1950, prima donna nella storia di questo riconoscimento nella categoria arti visive, si è aggiudicata il prestigioso Rome Prize che ha finanziato la sua formazione presso la American Academy in Rome.”

Concetta era un’artista versatile che utilizzava marmo, legno, terracotta, rame, bronzo, alluminio e altri materiali.

Acclamata dalla critica quale rappresentante di spicco dell’Art Deco negli USA, ha sviluppato il suo lavoro divenuto col tempo sempre più astratto. Ha svolto attività didattica insegnando presso la New York University, il Black Mountain College, il Sarah Lawrence College e il Vassar College.

Ha esposto in numerosissime mostre personali…

Le sue opere sono nelle collezioni del Museum of Modern Art (MoMA), del Whitney Museum of American Art, del Roerich Museum, Vassar College, Arizona State College, Dartmouth College, Glasgow Museum, Art Gallery of Hamilton, Ontario, del Pennsylvania Academy of Fine Arts…”

Alla scultura sono grata per il piacere che mi ha dato e per l’opportunità di essere libera e indipendente, e di creare nella misura delle mie capacità. 

Concetta Scaravaglione

Dal MoMA di New York City vi conduco al Museo Immaginario di Alfredo Accatino qui, vi lascio allo slancio del suo racconto, che mi ha fatto scoprire la “bellezza” di Concetta Scaravaglione. La forza di questa piccola grande signora della pietra (e non solo) merita la passione delle parole di Accatino:

martedì 18 aprile 2017

CONCETTA SCARAVAGLIONE. LA CALABRESE PIU’ FAMOSA D’AMERICA, CHE I CALABRESI NON CONOSCONO.

Oggi, 18 aprile, anno domini 2017 certifico, senza ombra di dubbio, che non esiste una sola pagina in italiano dedicata alla “regina della pietra” Concetta Scaravaglione. Neanche dalla Calabria, da dove giunse nella pancia della mamma a Ellis Island, con la famiglia dalla provincia di Cosenza (probabilmente da Morano Calabro, altri fonti indicano Spezzano della Sila). Cosa che di fatto la renderebbe l’artista più famosa della regione di sempre, e una delle maggiori in assoluto. Un artista di successo, ma solo per gli Stati Uniti, il che non è poi una cosa da poco…

Calabria

Nata a New York nel 1900 da una famiglia di povera gente, rimane ben presto orfana del padre insieme ad altri 8 fratelli ed è costretta a rimboccarsi le maniche.

In una sua biografia scrive che il lavoro e la fatica sono sempre stati parte della storia della sua famiglia. “Ci sono sempre stati degli Scaravaglione che hanno lavorato con le loro mani. Fin dall’infanzia creare è stato per me il divertimento più grande. Quando ero giovane costruivo scaffali, tavolini e persino delle sedie per le bambole e, cosa di cui ero molto fiera, un carretto espresso su cui correvo su e giù per i marciapiedi affollati di Little Italy”. Con queste parole Concetta Scaravaglione ricordava la sua infanzia fatta di un continuo movimento e di grande frenesia. “Nel quartiere dove sono nata le strade brulicavano di vita. Nessuno si annoiava. Non riesco a ricordare un secondo della mia vita nel quale non fossi in fermento…”.

Little Italy

Concetta, insomma, si innamora della creatività, torna da scuola che frequenta nel Lower East Side di Manhattan, incoraggiata dalla sua insegnante, e dice ai suoi che vuole studiare arte, provocando stupore e scompiglio. Sono emigranti e anche in alta società, metti pure a Madison Avenue, una donna artista non sarebbe stata vista di buon occhio.

Le viene però in soccorso uno zio anticonformista che la supporta e la aiuta economicamente a compiere i primi passi. “Se fossi nata in Italia – dice Concetta – non sarei mai diventata scultrice. Le opportunità offertemi dalle scuole americane -gratuite- non le avrei certo incontrate in un paese in Calabria”. Si iscrive alla Art Students League, dopo che la National Academy of Design aveva eliminato la classe speciale di scultura per ragazze, ma anche qui è l’unica donna.

La famiglia ingozza, ma rimarrà da allora sempre distante, cosa che la farà molto soffrire, come scrive più volte ai suoi fratelli. Ma non lascerà mai le sue radici, continuando ad aiutare i parenti rimasti in Calabria, mandando soldi e pacchi alimentari, divenendo una delle tante “zie d’America”.

Ha un carattere solare, entusiasta, che la fa sentire sempre una privilegiata, anche quando vincerà a 35 anni la Widener Gold Medal alla Pennsylvania Academy of Art and Letters.

A 45 anni ottiene una borsa dall’American Academy of Arts and Letters e due anni dopo il Prix de Rome dell’American Accademy in Rome. Sempre la prima donna ad aggiudicarsi premi così importanti, esclusivo dominio dei maschi.

Da un punto di vista artistico è una modernista, che parte ed evolve lo stile liberty di matrice yankee per adeguarsi alla nuova architettura. Ai grattacieli, dove ancora trovano spazio fontane, monumenti e bassorilievi. Una scultura compatta, fisica, che diventa stile americano. Non a caso espone al Rockfeller Center che proprio quell’arte e quello stile impone nel mondo.

Un’arte, sicuramente, “maschia”.

E in effetti doveva avere un grande fibra quella donna, perché appare minuta nelle foto anche di età matura, e sceglie, invece, di plasmare la più dura delle materie, dove il pennello è sostituito dalla mazzetta e occorre vera forza fisica e lavori in una nube di polvere e sedimenti.

L’italiana, come viene chiamata, grazie alla borsa di studio riesce anche a tornare in Italia, e lavorare a Roma (1948). Ha già iniziato a insegnare, e dal 1941 al 1945, aveva tenuto un suo corso al Sarah Lawrence University mentre, a partire dal 1952 inizia la sua collaborazione con il Vasar College (a private, coeducational, liberal arts college in the town of Poughkeepsie, New York, founded in 1861), dove rimarrà per 16 anni.

Nonostante le soddisfazioni da docente, Concetta Scaravaglione rimase sempre e soprattutto un’artista. Le sue opere sono ampiamente rappresentate nei musei e nelle collezioni americane e la sua scultura è presente, insieme a quelle di altri artisti italiani, nel Triangolo Federale a Washington.

Dalle foto assomiglia a Tina Pica, cosa che me la rende ancora più simpatica.

Il suo cognome appare impronunciabile, molti dei suoi parenti lo cambiano per americanazzarlo in Scarvalone. Lei no. Tosta e testarda.

Muore nel 1975.

Stefan Hirsch, American 1899-1934                      Portrait of Concetta Scaravaglione, 1927

 

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Fonti:

Concetta Maria Scaravaglione  Wikipedia

Concetta Scaravaglione Il Museo Immaginario – OUTSIDERS

(*) ripreso da http://lasantafuriosa.blogspot.it/